giovedì, luglio 17, 2008

La GUERRA che non si vede

ma che qualcuno combatte



A 16 anni bisogna studiare, stare con gli amici, avere la ragazza, capire che si vuole fare nella vita. Bisogna sognare. A 16 anni bisogna rendere il mondo più bello di quello che è. Ma basta farsi un giro per i bassifondi di una qualsiasi metropoli del pianeta per capire che le cose non vanno esattamente così. Non sarebbe facile fare una classifica degli orrori peggiori che possano succedere ad un essere umano. Sicuramente, però, a 16 anni, dopo che probabilmente si è già conosciuta la morte e l'assassinio, non avere la libertà è disumano.

Sinceramente i primi istanti del video non mi sono troppo scosso. Poi ho capito perché: perché i media ci hanno educato a vivere con distacco e morbosità le vicende mediate da uno schermo. Lo schermo protegge, perché allontana. Ti dà l'impressione di poter toccare le cose, che prima non si potevano nemmeno vedere, ma al tempo stesso le plastifica. La verità è che nel vedere il video aspettavo lo scoop, che i TG costruiscono, che il cinema riproduce. Non mi ero accorto che quel ragazzo, a 16 anni, fosse davvero rinchiuso da non so quanto tempo dentro una prigione, senza un processo, senza poter vedere i propri cari, senza alcun diritto. Quel ragazzo non è più un uomo.

Il pianeta è in guerra. Non so esattamente chi ne beneficerà alla fine, ma so per certo che le possenti industrie belliche non avranno crisi. La lobby della guerra in USA è tra le più influenti, forse (come io credo) la più potente. C'è chi si arricchisce lucrando sulla salute dei cittadini e chi lo fa redigendo business plane sullo sviluppo della morte. Spesso lo fa, coperto dalla retorica democratica e con della squallida ideologia patriottistica. O con retorica religiosa e fanatismo razziale. I terroristi fanno proselitismo tra il popolo. Il terrorismo manda a morire il popolo. Manda a morire ragazzi di 16 anni. I paesi occidentali mandano a morire ragazzi di 20 anni. Il potere ha sempre carne da macello da sacrificare. Ed il potere - di una parte e dell'altra - sa cosa far sapere al proprio popolo e cosa no.

Ancora una volta mi rendo conto delle stridenti contraddizioni tra la struttura del potere costituito e la periferia (economica, geografica, sociale, culturale, politica) del mondo. Ancora una volta auspico delle regole e delle istituzioni internazionali democratiche (ONU) e delle organizzazioni politiche determinate verso obiettivi progressisti (l'Europa) capaci di far prevalere le ragioni dell'incontro e dello scambio a quelle delle armi e del soppruso. L'ONU come campo di gioco trasparente, pulito e l'Europa come giocatore maturo, avanzato. Hans Kelsen e Carl Schmitt a braccetto, insomma. Be'... forse sì: è un'utopia. Buonanotte.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

belle parole, ma si scontrano con la realtà. l'Onu ha i mezzi il potere ma non la capacità di intervenire.
L'UE(O) avrebbe la capacità, (periodo ipotetico di 3° tipo...se non ricordo male..praticamente irrealizzabile) per agire ma non i mezzi ed il potere. al di fuori del proprio continente, l'europa può fare poco se non con la pressione economica e sempre se ci fosse l'unanimità, l'ONU lasciamola stare...è bloccata al 1948

Anonimo1

Corrado Minervini ha detto...

Be', la pressione economica dell'UE non è più trascurabile. Nemmeno per gli USA. Il punto è che, come dici tu, l'impianto della confederazione europea non è adeguato alle necessità della politica internazionale. Anche io sono d'accordo con l'organizzazione di un "esercito" europeo. Sembrerà una cazzata, forse. Oppure un'idea reazionaria. Be'... non lo è. L'Europa deve configurarsi come un soggetto politico sempre più unitario. Per farlo deve avere ben chiaro in mente che gli Stati Nazione dovranno perdere pezzi consistenti di sovranità. Io penso che per far questo occorra prima di tutto riformare le istituzioni europee ed il sistema di voto per produrre le decisioni. Poi bisogna produrre indirizzi più precisi in tema di politiche sociali, di diritti e di politiche ambientali (le idee che occorrono per reggere una costituzione) ed in ultima istanza costruire una politica estera autenticamente unitari (quindi quello dell'esercito è un passo molto successivo). Questo, sono convinto, sarà fatto. Ma il punto è: quando? Tra 5, 10 o 100 anni? Da chi dipende?

Anche da noi dipende...