Più che Bella Ciao, i Modena per me sono i 100 passi. Ed è Cisco. I Modena sono stati la mia colonna sonora per tanti momenti della mia vita. Oggi (ormai posso dire ieri, martedì 8) sono tornato a vederli. Alla festa de l'Unità. Anzi... alla festa dell'Unità, come si dice ora.
Ero già stato alle terme di Caracalla (dove si tiene la festa della federazione romana per circa un mese) per vedere gli Offlaga Disco Pax. Arrivai in anticipo. Su internet informavano che ci sarebbe stato un dibattito con la Finocchiaro (premiata per la sconfitta in Sicilia con la nomina a capogruppo del PD). Quando sono arrivato ho chiesto: "scusate, ma i dibattiti?". Mi hanno detto: "oggi non c'è niente". Io ho riferito di aver letto da qualche parte che... "Sì, sì: è cambiato il programma". Allora io "Ah, vabbè :S. Posso avere un programma stampato?" Mi rispondono "Ehm... mi dispiace, ma non sono ancora stati stampati". Girai un po' tra gli stand. Nulla che ricordasse minimamente un'iniziativa di ordine politico. Niente volantini, manifesti. Niente documenti, petizioni, strumenti di informazione e/o partecipazione. Solo quel simbolo dappertutto, anche sugli adesivi. PD.
Non si capisce ancora se PD significhi Preti Democratici o Post Democristiani. Oppure Pezze Dietro. Altrimenti Padre Disperso (MATER CERTA EST, PATER NUMQUAM). Pisolino Democratico. Parla Dai. Para Didietro. Porto Distruzione. Presunzione Diagnosticata. Per Destra. Pia Dannazione. Punto D. Pirla Dappertutto. Peste Demoniaca. Insomma... PD.
Ok. "E' stato un caso", mi son detto.
Sono tornato alla festa per i Modena City Ramblers. Grande fila. Molta emozione tra i giovani che si accalcavano. Si comincia con una versione a me sconosciuta di Bella Ciao. Ovviamente non cantava Cisco. Poi... il concerto inizia con i cento passi. I ragazzi conoscevano i testi. Me ne sono rallegrato. Ho incontrato vecchi e nuovi amici e vecchi compagni oggi iscritti al PD. A Roma. Ho preso una birra (3€, prezzo politicissimo per Roma. Poi ne ho prese altre...), poi ho visto uno stand dei Giovani democratici. Ho chiesto ad un ragazzo che mi ha avvicinato per informarmi dei volantini che avevano prodotto, "ma tu sei un ex margherita?" E lui... NO, NO. Un ex DS? e lui "no: sono nuovo, sono solo PD". La cosa mi ha sorpreso e - lo ammetto - sono stato contento della sua risposta. Perché era una risposta onesta, venuta dal cuore, con spontaneità. Era il primo che non provava vergogna per questa nuova condizione. Lui, dopotutto, non aveva conosciuto altre esperienze di militanza. E non aveva mai vissuto prima una vera Festa de l'Unità.
Questo ragazzo, di cui non conosco nemmeno il nome, è l'unica cosa vera che ho visto alle terme di Caracalla. Tutto il resto era di plastica. Poteva stare in qualsiasi luogo e in qualsiasi contesto. Andava bene uguale. Era vera anche la gente che c'era, per carità. Come erano veri i pugni alzati mentre si ballava. Era vero il sudore. Era vero il cuore di chi ha cercato un'emozione alla festa dell'unità. Con la musica, la politica, la socializzazione. Ma tutto il resto no, tutto il resto era solo finzione, costruzione. Era falsa la musica di un gruppo di silicone (lo ripeto: i Modena senza Cisco sono come il decaffeinato ai distributori automatici o come i cappuccini liofilizzati in aereo). Era falsa la festa "DELL'Unità", imitazione della festa de l'Unità. Era vuoto il messaggio. Solo soldi che girano.
La Domanda era vera, l'offerta un surrogato.
Ci sono ancora spazi e luoghi per un confronto vero? Perché nel PD io non vedo che prese per il culo. Ti possono dare ragione su tutto (anche perché gli argomenti e lo spessore di chi li rappresenta sono sempre meno autorevoli), per poi fare quello che devono fare: niente. Se si vince si governa, se si perde si fa la parte dei moderati seri. Ma fare politica per me è avere un progetto di cambiamento, non è gestire punto e basta. Il progetto di cambiamento del PD non si vede, non c'è. Solo autoreferenzialità. Anche la base sta cambiando. Forse è ora di andare a dormire. Domani si lavora.
Dimenticavo... vorrei che il PD fosse pieno di Peppino Impastato.
Ero già stato alle terme di Caracalla (dove si tiene la festa della federazione romana per circa un mese) per vedere gli Offlaga Disco Pax. Arrivai in anticipo. Su internet informavano che ci sarebbe stato un dibattito con la Finocchiaro (premiata per la sconfitta in Sicilia con la nomina a capogruppo del PD). Quando sono arrivato ho chiesto: "scusate, ma i dibattiti?". Mi hanno detto: "oggi non c'è niente". Io ho riferito di aver letto da qualche parte che... "Sì, sì: è cambiato il programma". Allora io "Ah, vabbè :S. Posso avere un programma stampato?" Mi rispondono "Ehm... mi dispiace, ma non sono ancora stati stampati". Girai un po' tra gli stand. Nulla che ricordasse minimamente un'iniziativa di ordine politico. Niente volantini, manifesti. Niente documenti, petizioni, strumenti di informazione e/o partecipazione. Solo quel simbolo dappertutto, anche sugli adesivi. PD.
Non si capisce ancora se PD significhi Preti Democratici o Post Democristiani. Oppure Pezze Dietro. Altrimenti Padre Disperso (MATER CERTA EST, PATER NUMQUAM). Pisolino Democratico. Parla Dai. Para Didietro. Porto Distruzione. Presunzione Diagnosticata. Per Destra. Pia Dannazione. Punto D. Pirla Dappertutto. Peste Demoniaca. Insomma... PD.
Ok. "E' stato un caso", mi son detto.
Sono tornato alla festa per i Modena City Ramblers. Grande fila. Molta emozione tra i giovani che si accalcavano. Si comincia con una versione a me sconosciuta di Bella Ciao. Ovviamente non cantava Cisco. Poi... il concerto inizia con i cento passi. I ragazzi conoscevano i testi. Me ne sono rallegrato. Ho incontrato vecchi e nuovi amici e vecchi compagni oggi iscritti al PD. A Roma. Ho preso una birra (3€, prezzo politicissimo per Roma. Poi ne ho prese altre...), poi ho visto uno stand dei Giovani democratici. Ho chiesto ad un ragazzo che mi ha avvicinato per informarmi dei volantini che avevano prodotto, "ma tu sei un ex margherita?" E lui... NO, NO. Un ex DS? e lui "no: sono nuovo, sono solo PD". La cosa mi ha sorpreso e - lo ammetto - sono stato contento della sua risposta. Perché era una risposta onesta, venuta dal cuore, con spontaneità. Era il primo che non provava vergogna per questa nuova condizione. Lui, dopotutto, non aveva conosciuto altre esperienze di militanza. E non aveva mai vissuto prima una vera Festa de l'Unità.
Questo ragazzo, di cui non conosco nemmeno il nome, è l'unica cosa vera che ho visto alle terme di Caracalla. Tutto il resto era di plastica. Poteva stare in qualsiasi luogo e in qualsiasi contesto. Andava bene uguale. Era vera anche la gente che c'era, per carità. Come erano veri i pugni alzati mentre si ballava. Era vero il sudore. Era vero il cuore di chi ha cercato un'emozione alla festa dell'unità. Con la musica, la politica, la socializzazione. Ma tutto il resto no, tutto il resto era solo finzione, costruzione. Era falsa la musica di un gruppo di silicone (lo ripeto: i Modena senza Cisco sono come il decaffeinato ai distributori automatici o come i cappuccini liofilizzati in aereo). Era falsa la festa "DELL'Unità", imitazione della festa de l'Unità. Era vuoto il messaggio. Solo soldi che girano.
La Domanda era vera, l'offerta un surrogato.
Ci sono ancora spazi e luoghi per un confronto vero? Perché nel PD io non vedo che prese per il culo. Ti possono dare ragione su tutto (anche perché gli argomenti e lo spessore di chi li rappresenta sono sempre meno autorevoli), per poi fare quello che devono fare: niente. Se si vince si governa, se si perde si fa la parte dei moderati seri. Ma fare politica per me è avere un progetto di cambiamento, non è gestire punto e basta. Il progetto di cambiamento del PD non si vede, non c'è. Solo autoreferenzialità. Anche la base sta cambiando. Forse è ora di andare a dormire. Domani si lavora.
Dimenticavo... vorrei che il PD fosse pieno di Peppino Impastato.
5 commenti:
..Se il vento fischiava ora fischia più forte??...
A me fischiano solo le orecchie O_o
il PD è come un gruppo rock, partito con le pezze al culo e imborghesito dal successo e dai soldi che canta canzoni fotocopie sbiadite dei successi di un tempo. ;-)
mbeh i modena hanno perso qualcosa (anzi molto..) così come i genesis con collins al posto di gabriel ed i pink floyd senza syd barret, ma ciò non significa per forza dover peggiorare...così è stato finchè hanno tenuto l'impostazione originale, poi alla fine sono diventati irriconoscibili :(
tornando al PD ci sarebbero delle basi da cui partire e cambiare,se non si appiattisce e muta questa impostazione buonista, potrebbe fare bene e rappresentare una novità (una sorta di labour party o partito democratico usa) che raccoglie diversi partiti/orientamenti.
Ma deve valorizzare e non seppellire quella parte del passato che appartiene alla sinistra.
Leggendo un pò in giro, gli attacchi frontali al Papa ed al Presd. della Repubblica, come quelli di ieri in piazza navona, seppur giusti..non portano molto lontano...e ti si ritorcono contro. Capisco il senso delle parole di ieri di veltroni.
Si deve trovare un modo meno appiattito ma anche meno aggressivo per fare opposizione e richiamare l'attenzione sui problemi reali di questo governo
Anonimo1
Lo posto qui: Evviva la democrazia evviva lo stato di diritto
Anonimo1
Vi riporto un post tratto - con il consenso dell'autore - dal Forum del Centro Aiuti per l'Etiopia
Roma - C'è pure la televisione, per raccontare come la gioventù romana si diverte a Trastevere il venerdì sera. L'ora dell'aperitivo. Le vie attorno a piazza Trilussa gremite di persone. Cinque o sei bancarelle di venditori ambulanti. Un ragazzo ha appena regalato un paio di orecchini alla sua fidanzata. Le sirene della polizia colgono tutti di sorpresa. Non è un semplice controllo: tre macchine e una camionetta vuota che ha tutta l'impressione di dover essere riempita. È la prima operazione contro i venditori ambulanti dopo l'entrata in vigore del decreto sicurezza, che amplia i poteri per i sindaci in materia di ordine pubblico. Mi fermo ad osservare, come molti altri. Non è curiosità, la mia. È un istinto di controllo.
I poliziotti iniziano a sbaraccare i banchetti. Via la merce, raccolta sommariamente nei lenzuoli su cui era disposta. Un agente tiene un indiano stretto per il braccio, mentre dal suo viso trapela tutto, la paura, la rassegnazione, fuorché l'istinto di scappare. È ammutolito. Un donnone africano, del Togo, è invece molto più loquace. Se la prende quando l'agente raccoglie violentemente i lembi del telo a cui erano appoggiati gli orecchini e le collane che vendeva. «fammi mettere nella borsa, almeno!» dice all'agente. «Non scappo, non ti preoccupare, ecco il mio permesso di soggiorno». «Ma perché tutto questo? – dice – non stavo facendo nulla di male». All'agente scappa un sorriso, forse un po' amaro: «è il mio lavoro». Poi la donna incalza: «conosco la nuova legge. Ora mi fate 5.000 euro di multa. Ma perché non ci date un modo di fare questo lavoro regolarmente?» Nessuna risposta dall'agente, che se ne va e lascia il posto ad un collega, molto meno accomodante. «E muoviti, su!», dice senza accennare ad aiutarla a trasportare le sue cose. Lei, con lo stesso sorriso sul volto, chiude la valigia arancione e con le mani occupate dice «dove andiamo, di qua?», mascherando con l'orgoglio la paura che in fondo in fondo le sta crescendo. Mantiene l'ironia però, quando mi avvicino e le chiedo da dove viene. «Da Napoli, bella Napoli, vero?», e intanto, mentre mi svela le sue vere origini africane, si toglie gli orecchini: «questa bigiotteria non mi serve più, stasera».
Due metri più distante due ragazzini italiani, con il loro banchetto in tutto e per tutto uguale agli altri. Devono sbaraccare anche loro, ma gli agenti usano maniere molto più educate. Non li tengono per le braccia, non gli ammassano la merce. La ragazza raduna le poche cose che avevano in vendita. Lui è allibito, terrorizzato, e inizia a parlare nervosamente: «ve lo giuro, è la prima volta che vengo, lasciatemi andare». «Se prendiamo loro dobbiamo prendere anche voi», risponde un agente. Ma alla fine non sarà così. Il ragazzo si dispera, «sono di Roma, non posso credere che mi trattiate allo stesso modo che a quelli lì». Evidentemente è un discorso convincente. Si avvicina un signore in borghese che è lì a dirigere l'intera operazione. «Dottò, Capitano, Maresciallo, giuro che non lo farò mai più…». Si sbraccia, sembra un bambino appena messo in punizione dalla mamma. L'uomo in borghese si mostra irremovibile, ma si capisce subito che vuole solo dargli una lezione, e appena gli altri fermati – 7 persone, tutte straniere – non sono più a vista, lo lascia andare.
A operazione conclusa vado dal signore in borghese, mi presento, «sono un giornalista e ho assistito alla scena. Perché avete fermato solo gli stranieri?», chiedo. La risposta è eloquente. «Portatelo via, identificatelo, e controllate – aggiunge guardandomi negli occhi – perché ha l'alito che puzza di birra». Già, la birra che stavo bevendo prima, e che mi è andata di traverso con tutto quello che succedeva. Per fortuna non è ancora reato, comunque.
Mi portano in due verso il ducato dove sono radunati gli stranieri, tenendomi strette le mani sulle braccia. Non mi era mai successo, prima, ed è una sensazione davvero sgradevole. «Questo per adesso è nell'elenco dei fermati» dice l'uomo alla mia destra, anche lui in borghese, ad un collega. Spalle alla camionetta, mani fuori dalle tasche, cellulare sequestrato. «Perché avete fermato solo gli stranieri?». L'uomo con la polo rosa, quello che mi stringeva da destra, mi risponde, anche se – dice – non sarebbe tenuto: «perché questi sono tutti irregolari». Balle, ho visto con i miei occhi la donna togolese dare il proprio permesso di soggiorno al poliziotto, prima. Ma non mi aspettavo certo una risposta veritiera. «Certo che non avevi proprio nient'altro di meglio da fare», dice con sprezzo uno degli agenti. «Ho fatto una domanda, voglio una risposta». L'uomo in rosa, che ha la mia carta d'identità e sta scandendo il mio nome per radio si gira verso di me, «hai finito di parlare?» grida. A quanto pare anche rispondere alle domande costituisce un grave errore, e infatti un terzo poliziotto, defilato fino a poco prima si indirizza a me dicendo «guarda che a fare così peggiori solo la tua situazione». Chiedo di sapere i loro nomi e gradi, come avevo fatto già con l'uomo in borghese al principio, convinto che per legge sia un loro dovere identificarsi. Un altro poliziotto – ma quanti ne ho attorno, quattro, cinque? – mi da la sua versione della legge. «Vedi qual è la differenza, è che io posso chiederti come ti chiami e tu non puoi chiedermi niente, chi comanda sono io». Un suo collega aggiunge: «certo, se lo vuoi mettere per iscritto è diverso, ma non te lo consiglio, la cosa si farebbe piuttosto scomoda». La minaccia mancava, in effetti. Interrompe la discussione l'uomo in rosa. «Luca!», e con la mano mi fa cenno di andare da lui. «Vuoi andare?» «Voglio una risposta alla mia domanda», insisto. «Non hai capito – si spiega – hai voglia di chiuderla qui questa storia o no?». «Non sono stupido, so quello che mi sta dicendo, ma io voglio la mia risposta». Mi accompagna lontano dal furgone, in piazza Trilussa. Davanti a me l'uomo che comanda l'operazione, quello dell'alito puzzolente. Mi chiedo se tornare da lui, ma mi rendo conto che nel gioco del muro contro muro il suo è molto più duro. Aspetto ancora in piazza, osservo l'operazione concludersi, fino all'istante i cui gli immigrati vengono caricati sul furgone che si mischia al traffico del lungotevere. Non c'è altro da fare, questa sera, se non raccontare in giro quello che ho visto. Questa triste deriva, quest'inverno italiano che avanza. Oggi inizia l'estate. Evviva.
AFRICAUNITE
(21 giugno 2008)
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